Osservate le lettere F e J della tastiera: cos’hanno di diverso?

Osservate le lettere F e J della tastiera: cos’hanno di diverso?

Piccolo manuale di sopravvivenza per chi ha un lavoro in cui lo spirito d’osservazione è tutto.

I primi giorni in associazione furono come un giro sulle montagne russe; divertenti ma decisamente stressanti. Ignoravo l’esistenza della maggior parte degli strumenti che di volta in volta mi venivano presentati: sia di quelli software, figuriamoci di quelli hardware!
Di fatto, mi affacciavo timidamente a quella branca della tecnologia che prende il nome di tecnologia assistiva. Lo facevo nel concreto, partendo dalla svantaggiata posizione di chi ci vede: perché se era importante sapere come funziona un ausilio informatico, quello che a me interessava davvero era comprendere quale problema risolveva e con quali benefici.

A distanza di tempo, sorrido quando ripenso al forte senso di delusione che provai nel momento in cui vidi per la prima volta una postazione informatica per disabili visivi. In sostanza, a parte l’unità centrale, c’erano nientemeno che un monitor, una tastiera e uno scanner! Ben poca roba a sostegno delle mie ingenue aspettative. Questo per dire che, a volte, è difficile non farsi condizionare dai luoghi comuni, soprattutto quando nella testa ti aspetti di entrare in una stanza e posare lo sguardo su un grosso calcolatore elettronico con bobine magnetiche a vista, un monitor gigantesco a cristalli verdi fluorescenti e bizzarre periferiche dall’imprevedibile utilizzo.
Beata ingenuità. Oggi come allora mi rendo conto che, non fosse per alcuni particolari, sarebbe davvero difficile distinguere a un primo sguardo un personal computer che viene utilizzato da un non vedente da un qualsiasi altro pc.
Costretto quindi a misurarmi con le capacità di un vero e proprio detective, ho redatto una personalissima checklist di indizi per riconoscere un utente non vedente da uno che ci vede. È formata da tre semplicissimi punti:

Indizio numero 1: I pallocchi adesivi. Questi piccoli cappuccetti, sufficientemente spessi da essere intercettati al tatto anche da una persona che non è abituata a “vedere con le dita”, sono di norma appiccicati in punti strategici della tastiera, come sulla lettera f e la lettera j. Servono come invito agli indici per il corretto e immediato posizionamento delle mani prima della digitazione. (Avete fatto mai caso che in tutte le tastiere questi due tasti presentano sempre un punto di fusione in rilievo? Ecco, questo è il motivo.)

Indizio numero 2: Il fuggitivo. Fate bene attenzione, forse non balza subito all’occhio ma… assicuratevi della presenza del mouse vicino alla tastiera. Non c’è? Ecco un altro prezioso indizio; c’è ma non si trova nella posizione in cui sarebbe più naturale lasciarlo? Idem.
E se parliamo di un computer portatile? Nessun problema, possiamo trovare un altrettanto valido indizio osservando l’usura del trackpad e del suo tasto sinistro. Sono ancora lindi nonostante il computer sia chiaramente datato? Forse abbiamo visto giusto.

Indizio numero 3: La spia. La presenza di “dispositivi hardware civetta”, come chiavette usb, scanner, lettori mp3 o dispositivi portatili di registrazione, realizzati in maniera specifica per utenti con disabilità visiva. Non occorre conoscerli tutti, basta avere ben chiari i requisiti funzionali di un dispositivo che devi poter usare senza guardare. Solo così quell’anonimo aggeggino dalla pulsantiera semplice semplice e coi tasti in rilievo fornisce un valido indizio.

Probabilmente questa checklist non è poi così a prova di bomba, lo ammetto, o forse la sua utilità nemmeno tanto condivisa. Poco importa, dopotutto.
In certi casi l’utilità di quello che fai lascia il tempo che trova; è lo spirito d’osservazione alla base del tuo modo di operare che ti rende utile, a te stesso e nei confronti degli altri.
Nel mio lavoro questo è tutto.

Mi chiamo Francesco Cresci, vivo e lavoro in provincia di Cagliari e vedo.
Lo dico subito, giusto per evitare fraintendimenti. Alzo le mani in segno di resa perché, lo ammetto, non ho problemi di vista.
Perché lo faccio? Per anticipare sul nascere frasi come “ok, ma questo ci vede, cosa vuoi che ne sappia dei non vedenti” o il sempreverde “lei crede di sapere come ragionano i ciechi ma sbaglia di grosso” ma soprattutto per offrire un facile alibi a chiunque si senta in dovere di sottolineare la mia “mancanza di mancanza”.
Lo dico e lo ribadisco al nostro primo incontro perché mi piace dare il peggio di me all’inizio, quando non ho niente da perdere e tutto da guadagnare e soprattutto perché, da pessimo giocatore di poker quale sono, preferisco barare il meno possibile.
Quindi, ricapitolando, sono un vedente che parla di non vedenti.
E ora che non ho più niente da nascondere, posso raccontarvi la mia storia.

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